Non abbiamo soltanto il diritto, ma anche il dovere di dare un senso alla nostra vita, un senso che non deve essere cercato, perché non può essere trovato. Né si può dire che venga da sé. Viene offerto, donato. Da noi stessi. Allo stesso tempo, “sensato” non è sinonimo di “utile“. Le mie esperienze al limite erano e restano inutili. Eppure, erano piene di senso. Almeno per me.
Reinhold Messner, Il senso dell’inutile
Durante l’avvicinamento alla punta Tsan e la salita della sua cresta Rey, sono stati diverse le tipologie di persone che io ed Angelo abbiamo incontrato sul nostro cammino. E naturalmente praticavano o sposavano tutti passioni ed attività differenti, specchio di modi di vivere la montagna diversi tra loro.
Non sempre abbiamo capito il senso, o meglio lo scopo, di alcuni di questi modi di intendere gli stessi ambienti a noi cari. Ma è anche questa apparente inutilità agli occhi altrui il succo di ogni passione: la capisce chi la vive, e lui soltanto. Ciò la rende unica e speciale.

Avvicinamento al bivacco Rivolta
Lasciata l’auto alla seggiovia a monte della località Chantorné, imbocchiamo la strada sterrata in direzione di Cignana e la copriamo per i primi 5km, i quali sono la parte indubbiamente più noiosa e “superflua” dell’avvicinamento. Consigliatissime delle MTB o e-bike, soprattutto per il rientro. I panorami di cui si gode sono indubbiamente stupendi così come l’ambiente in cui ci si inoltra, ma sarebbero stati egualmente (o più) godibili da seduti su di un comodo sellino.
Poco più in alto dell’alpe Chavacour (2100m) inizia la salita vera e propria verso il Col du Fort e il bivacco Rivolta. Percorso sempre ottimamente segnato e mai difficile, si alza ripido per circa 700m di dislivello senza quasi mai una tregua. Inutile dire che gli zaini carichi di materiale non collaborino granché.
Arriviamo al bivacco intorno alle 16, dopo circa tre ore di cammino, e non possiamo far altro che goderci pranzo, tramonto e cena in compagnia dei camosci che affollano i dintorni nella speranza di racimolare qualche avanzo. Dopo qualche chiacchiera con degli escursionisti giunti in serata, ci infiliamo nei sacchi lenzuolo e puntiamo la sveglia alle 5:15.
Sappiamo che la punta Tsan è una salita di tutto rispetto e le G.A. del Cervino usano portare qui i loro clienti in preparazione alla salita della Gran Becca, ma rimaniamo ugualmente sorpresi quando leggiamo sul libro del bivacco che pochi giorni prima di lì è passato Francois Cazzanelli. Certo, sulla stessa vetta dove noi poniamo un traguardo ambito, lui accompagna i clienti…ma lui è lui, e per noi seguire i suoi passi è comunque piccolo motivo di orgoglio.

Ascensione della cresta Rey
Il primo impatto con l’ambiente al di fuori del bivacco è dei migliori: l’aria è fresca e il cielo terso, non tira una bava di vento.
Raggiunto in due passi il Col du Fort, superiamo qualche roccetta e arriviamo all’attacco del primo tiro, una fessura di una decina di metri di IV che affrontata a freddo da subito una bella sveglia. E la roccia gelida sicuramente non aiuta a godersi l’arrampicata. Da qui in avanti cercherò di stendere una relazione il più oggettiva possibile, lasciando però che venga saltuariamente influenzata da quelle che sono state le nostre sensazioni durante la salita.
Tolto l’impatto del primo tiro, la parte successiva di salita va via abbastanza velocemente muovendosi sempre in conserva protetta tra balze rocciose di I e II e tracce su sfasciumi. Bisogna cercare di far coincidere per quanto possibile la permanenza sul filo di cresta con la ricerca del facile, in modo da non avventurarsi in tratti di rocce rotte e poco solide. In ogni caso, quando si lascia il filo lo si fa sempre per il versante Nord, in quanto per il momento il Sud è decisamente strapiombante. Verso l’alto la cresta pian piano si addolcisce e conduce dolcemente con progressione quasi orizzontale verso la base del primo vero salto verticale.



Dalla base del primo torrione iniziano le difficoltà maggiori, ed è qui che abbiamo fatto i primi tiri (ad esclusione del primo al Col du Fort). In corrispondenza di una grotta alla base della parete, si attacca una placca di III che porta sul filo di cresta, scavalcandolo si arriva alla sosta nel cuore del versante Nord-Ovest, alla base delle placche Rey.
Placche Rey e camino Maquignaz
Questo sistema di placche esposte si supera con tre tiri su difficoltà non elevate (III/IV), ma va considerato che le protezioni sono sporadiche e integrare è quasi impossibile. Se poi ci si fa guidare (come noi) da un approccio light e si sceglie di fare a meno delle scarpette, si da un’altra dimensione al tutto.
Ho scritto tre tiri su placca, alcune relazioni ne indicano due e infatti noi (Angelo) con abbiamo concatenato i primi due, per poi (il sottoscritto) completare il terzo che porta a sostare su di un cordone (in buone condizioni, a luglio ’25) sul filo della cresta Sud.


Da questa sosta parte il tiro che con facili fessure appoggiate (II/III) porta alla base dell’angusto camino Maquignaz. Il camino in se forse ha difficoltà che non arrivano al IV, ma entrarvi è tutto un programma: per raggiungerlo è necessaria una piccola spaccata in lieve discesa su uno strapiombo davvero impattante. Praticamente si hanno le suole in linea d’aria con la base della parete Sud, qualche buon centinaio di metri sotto!
In uscita dal camino poi è presente uno spuntone su cui attrezzare facilmente una (dubbia) sosta. Se trovate di meglio su cui costruirla…meglio!
Segue il tiro indicato spesso come quello che ha il passaggio chiave: uno strapiombino in forte esposizione (IV+). Lungi da me fare il cuor di leone, quale per inciso non sono, ma avendolo tirato da primo mi sento di dire che il camino precedente e il tiro che porta in vetta mi sono sembrati più ostici e adrenalinici.



Il torrione sommitale
L’accesso al torrione sommitale si ha percorrendo una cinquantina di metri di cresta tanto orizzontale quanto affilata. Noi siamo stati il più possibile sul filo dove la roccia è migliore, ma dove era troppo sottile ci siamo sempre abbassati sul versante Sud, meno strapiombante di quello rivolto a Nord.
Giunti alla base, si deve percorrere una breve rampa erbosa che da accesso ad un’ampia cengia, da cui parte il tiro che termina poco sotto la vetta.
NB: appena giunti sulla cengia, a sinistra si intravede una sosta che sarà la seconda calata, notarla è di grande aiuto nell’orientamento in discesa.
L’ultimo tiro sembra complicato ma in realtà sale due diversi camini cercando sempre il facile fin sotto la sosta, a separarci da essa si trova un piccolo strapiombo (probabilmente IV) che si può forzare con l’aiuto di una corda fissa.

Dalla sosta, si sale qualche facile roccetta e si spunta finalmente in vetta alla punta Tsan. Siamo stati tanto fortunati da avere una giornata senza nemmeno una nuvola e riuscire a goderci lo splendido panorama che questa cima può offrire a 360°. La Gran Becca è sempre padrona e ladra di sguardi, ma è davvero facile perdersi tra le creste e le guglie delle Grandes Murailles, i ghiacciai dei Breithorn e in lontananza verso Ovest i massicci delle Grand Combin e del Bianco.


Discesa dai due torrioni sommitali
Dalla vetta si percorrono a ritroso gli ultimi metri sino alla sosta da cui si è appena sbucati e li si trova la prima doppia da 30m ( giusti giusti) che, pur con una linea abbastanza illogica e scomoda, deposita sulla cengia da cui era iniziato l’ultimo tiro di corda.
Dalla base del piccolo camino bisogna percorrere la cengia verso sinistra (faccia a monte) per una quindicina di metri fino alla successiva calata, ben visibile anche in fase di salita. Questa doppia è sicuramente più lineare della precedente, ma per contro porta all’inizio di un canalino composto prevalentemente da sabbia e detriti, il quale va disarrampicato (molto delicatamente) per una decina di metri. Al termine di questo, ci si trova all’imbocco di un successivo canale, ben più grande e ben più pericoloso in quanto finisce con un salto nel vuoto ed è davvero tanto friabile e franoso. Se ne scendono i primi metri sino ad un’evidente cengia sulla sinistra (faccia a valle), che si percorre (esposta e stretta, possibile proteggere) sino alla sosta di calata. A monte del canale più grande si riesce ad attrezzare una sosta su blocchi (forse più psicologica che sicura) con cui proteggere chi attraversa la cengia per primo.

La terza calata (30m) porta su un ampio terrazzo erboso e detritico, il quale si deve percorrere verso sinistra (faccia a valle) prima in traverso e poi in discesa (ometti). Questa è la parte sicuramente peggiore della discesa, si scende prima una ventina di metri in un canale sabbioso per poi immettersi in un altro imbuto di roccia più compatta ma anche più verticale (II/III in discesa). Le possibilità di assicurarsi se non sono nulle poco ci manca e la mancanza di una sosta per calarsi almeno nel secondo canale è una cosa francamente incomprensibile. Più in alto sono state attrezzate doppie su terreno relativamente ben più facile.

Dalla base dei torrioni al Col du Fort
Terminato il secondo canale (circa 30m) si giunge finalmente ai ghiaioni alla base del tiro “della grotta”, che in salita dava accesso alle Placche Rey. Da qui si seguono in discesa tracce e sporadici ometti sempre in direzione Est, fino a intravedere il bivacco Rivolta. A questo punto si hanno due scelte:
- Proseguire in discesa lungo la coltre detritica sino a ricongiungersi a quota 2800m circa con il sentiero che porta al Col du Fort. Più facile e immediato, ma se avete lasciato del materiale al bivacco, si aggiungono poi un centinaio di metri di dislivello. Consigliato invece se si scende direttamente a valle.
- (Adottata da noi) Traversare decisamente verso il Col du Fort percorrendo la cengia che separa la bastionata sopra al bivacco dalla cresta Rey (non difficile ma scivolosa ed esposta) e tornare alla sosta al termine del primissimo tiro salito al mattino, da cui ci si cala e si raggiunge il colle. Soluzione che richiede un minimo di attenzione in più ma che consente di raggiungere direttamente il bivacco senza perdere dislivello.
Dal bivacco Rivolta si percorre a ritroso l’eterno (soprattutto al ritorno) avvicinamento da Torgnon, stramaledicendo il fatto di non essersi attrezzati di MTB. Non importa chi voi siate, sappiamo che a piedi soffrirete quello sterrato.
I nostri numeri e qualche link utile
Torgnon – bivacco Rivolta: 2h50′
Col du Fort – Punta Tsan: 5h15′
Punta Tsan – Col du Fort: 3h15′
Altre relazioni
Gulliver – InAlto – Camptocamp
La nostra salita su Strava
La nostra salita su WikiLoc
Photo-carrellata














